Testimonianze

Il sogno di Emma

Quando si pensa alla maternità, alla nascita di una nuova vita, una donna immagina quel momento come il più bello della sua vita, un momento straordinario dove un piccolo puntino grazie a lei diventerà un bambino, il SUO bambino, atteso con ansia per nove mesi, tra mille gioie, emozioni e attenzioni.  Ed è quello che anche io sognavo:

sognavo un marito vicino a me che mi stringesse la mano alla prima ecografia,

sognavo una madre impicciona piena di attenzioni e vogliosa di diventare nonna,

sognavo una famiglia felice per il mio piccolo, una casa dove creare il nostro nido e la cosa più importante, la serenità.

E molto probabilmente tutto questo si sarebbe realizzato se il primo luglio del 2015, quando è spuntata la linea rosa sul test, non avessi avuto solo 17 anni.

Quando sei ancora un giovane donna e scopri di essere incinta molti dei tuoi sogni vanno in frantumi e mille dubbi, mille preoccupazioni si fanno spazio dentro di te.

Quel giorno affianco a me c’era Rayan, il mio ragazzo. Abbiamo guardato il test di gravidanza e ci siamo abbracciati forte e lui ha cercato di rassicurarmi.

Io e Rayan stavamo insieme da tre anni, quando l’ho conosciuto ne avevo solo 14 e lui 18. Mia madre si è sempre opposta alla nostra relazione perché lui è di origine marocchina. Quando cresci con una persona e stai tutti i giorni con lui, lo conosci bene e io ho capito subito che in quel momento lui era più spaventato e confuso di me. Io la certezza più importante l’avevo: dentro di me avevo mio figlio, anche se era ancora un puntino, per me era già il mio bambino e non vedevo l’ora di averlo tra le mie braccia.

All’inizio pensavo di dirlo a mia madre il più tardi possibile.

Mia madre mi ha cresciuta da sola, con l’aiuto dei nonni, senza un compagno, anzi quando mio padre c’era la picchiava e la trattava male e lei ha dovuto lottare e scappare dalla Sicilia per me! Non volevo darle altra sofferenza proprio io.. ma non ce l’ho fatta  e dopo due giorni l’ho fermata e gliel’ ho detto, pochi minuti prima che andasse a lavoro, perché avevo paura della sua reazione.

In quel momento non ha urlato, non si è arrabbiata ma ho visto la delusione sul suo viso e questo mi ha fatto sentire sbagliata e così sola…

Mi aspettavo una complicità tra di noi, visto che lei c’era passata pensavo che come i nonni avevano aiutato lei, così avrebbe fatto con me.

La cosa che mi ha ferita più di tutte è stata: “dai Emma, l’aborto lo fanno tante, poi ti dimentichi, Dio ti perdonerà”.

Il giorno dopo io e mia madre siamo andate al consultorio per farmi prescrivere gli esami. Dentro quella stanza dovevano darmi solo una ricetta ma in realtà mia madre chiedeva continuamente informazioni sui vari metodi per abortire. C’era una dottoressa abbastanza giovane e io provavo a dirle che non avevo nessuna intenzione di abortire, però lei contava a che settimana di gravidanza ero, spiegava a mia madre della pillola o del raschiamento..  così ho dovuto alzare la voce per farmi fare quegli esami

e appena ho preso la ricetta sono andata via. Mia madre invece è rimasta lì dentro, io non volevo sentire più nulla!

Ho telefonato a Rayan.

Appena è arrivato al consultorio, lui e mia madre hanno iniziato a litigare e lei gli ha detto che avrebbe parlato con i suoi genitori.. improvvisamente lui ha cambiato espressione, è diventato serio, impaurito, quasi indifeso.. non lo scorderò mai.

La sera mi ha chiamata per vederci, come tutti i giorni d’altronde.

C’era la festa del paese.

Eravamo vicini al marciapiede, camminavamo e lui mi ha detto “Emma è meglio se lo togliamo”.

In quel momento non so cosa sia successo: ricordo che mi è venuto un vuoto allo stomaco e piangevo, cercavo di convincerlo che era la decisione sbagliata, che dovevamo pensarci meglio, ma Rayan nonostante vedesse quanto stavo male, non ne voleva sapere. Non era pronto a fare il padre, ma soprattutto aveva troppa paura della sua famiglia.

Non ho mai pianto così tanto in vita mia. Sentivo un dolore forte al petto, può sembrare esagerato ma io non riuscivo a respirare, pensavo al nostro bambino che avrebbe dovuto pagare il prezzo più alto, pensavo a quando avrei visto un passeggino, una mamma con il suo bambino, al fatto che non sarei riuscita a superare un dolore così grande e che ci avrei pensato tutta la vita!

Poi non so cos’è successo in me, un richiamo, un sentimento, un pensiero continuo.. ho acceso il computer e con ansia ho iniziato a fare ricerche.

Cercavo l’esistenza di case famiglie per ragazze incinta, un posto dove scappare, un consiglio buono, qualcuno che mi ascoltasse, ma niente, essendo minorenne non potevo essere presa in carico.

Quella notte non ho dormito, piangevo e cercavo dove trovare aiuto, finché non ho trovato il sito di SOS vita, una chat dove puoi parlare con un operatore, farti consigliare e da quel sito sono arrivata al numero di telefono del cav di Reggio Emilia e ho scritto loro un messaggio dove spiegavo la mia situazione, che ero sola, che tutti volevano che io abortissi ma che io non volevo!

Mia madre e la dottoressa si erano messe d’accordo, ero ancora in tempo per la pillola e il pomeriggio sarei dovuta andare a prendere l’impegnativa. Non avevo la forza di litigare ero così affranta che non riuscivo a pensare di urlare o rispondere quindi sono stata zitta e ho detto va bene.. ho detto va bene un’altra volta..

Non potrò mai scordare la prima telefonata dell’operatrice del cav e quando mi ha chiesto “perché dici che non vuoi abortire Emma?” e io piangendo ho risposto: “ perché è mio figlio”.

Solo in quel momento mi sono resa conto che se lo avessi fatto non sarei più stata io, fino ad allora non avevo mai avuto il coraggio di dirlo, forse perché mi sentivo ridicola, ma soprattutto perché NESSUNO me lo aveva chiesto fino ad allora.

Quando poi il cav è diventato volti, parole, sguardi di persone, sorrisi, spazi dedicati a me, io sono riuscita a dire ciò che avevo dentro e ho capito che dovevo pensare a quello che io ritenevo più giusto, non mi interessava se ero sola, avrei avuto il bimbo! Avevo bisogno che qualcuno credesse in me e così è stato.

Allora l’ho detto a tutti, a Rayan, a mia madre a tutti! A marzo sarebbe nato il mio bambino e nessuno mi avrebbe fermata, nemmeno i litigi con mia madre, le urla, le discussioni, le parole cattive. Però io so che non voleva essere cattiva con me, ma aveva solo paura, paura per il mio futuro e perché avrei vissuto le sue stesse sofferenze e fatiche.

Ho anche detto a Rayan che con o senza lui  io avevo deciso il bene per me.

Era ancora impaurito e mi ha passato sua madre al telefono.

Sua madre è marocchina, non parla molto bene l’italiano però in quella chiamata non so come mai non ha sbagliato una parola. Mi diceva con rabbia di andare subito dalla dottoressa e fare la puntura. Si, perché per lei si riduceva tutto ad una puntura. Ho spento il telefono.

Da quel momento non l’ho più sentita.

La quotidianità a casa non è stata facile, mia madre mi tollerava a fatica, voleva me ne andassi via, e mia nonna ogni giorno mi chiamava insultandomi.

Mia madre mi ha portata anche dall’assistente sociale per chiarire questa situazione. L’assistente mi guardava e mi ricordava i miei 17 anni, dicendo che non vedeva altre soluzioni: “se tua madre non ti aiuta non c’è altra soluzione se non interrompere la gravidanza”. Mi sono sentita con le spalle al muro. Ricordo le sue parole molto bene:  “ma lo sai che non puoi più andare a ballare, non puoi più bere, e se non hai il latte come lo compri? e se gli vengono le coliche e piange come fai?” Mi ha detto di pensarci e che mi avrebbe rivista a breve, poi non mi ha mai più cercata…meglio così!

Rayan invece è partito, se ne è andato in Marocco un mese e mi ha lasciata in quella situazione, fregandosene, si è giustificato dicendomi che era un’abitudine e lui ci andava ogni anno in vacanza in Marocco.

A volte pensavo che sarebbe andato tutto bene, che il peggio era passato, poi quando a settembre ho iniziato ad andare a scuola e ho detto di essere incinta mi hanno detto chiaramente che avrei perso l’anno, così ho lasciato perdere tutto con rabbia.

La cosa buona è che quella rabbia e quella voglia di maternità mi hanno aiutata ad avvicinare mia madre al cav, infatti le ho chiesto di venire con me a conoscere le persone che ci lavorano e grazie alla loro mediazione, lei ha iniziato a vedermi con occhi diversi e ad accettare in parte la mia decisione di proseguire la gravidanza.

Sono anche passata alla scuola serale, stancante ma mi sono trovata bene con i compagni. Addirittura mia madre ha cambiato casa per avvicinarci alla scuola, in modo che potessi raggiungerla più facilmente… in realtà penso che lo spostamento sia stato determinato dal fatto che lei si vergognava che in paese potessero vedermi con la pancia. E anche io ho iniziato a nasconderla con vestiti larghi.

Non avendo più le lezioni al mattino, ho iniziato a frequentare il laboratorio di cucito al cav, una volta alla settimana, dove ho imparato a fare piccoli lavoretti per il mio bimbo, come una coperta o il fiocco nascita, sono passata dal non saper rammendare un buco di calzino al saper ricamare un lenzuolo.

Scuola serale e laboratorio sono stati i modi per ritrovare serenità e fiducia in me stessa.

Anche le mie amicizie mi hanno messa alla prova perché, le amiche non riuscivano a comprendere tutto quello che io stavo vivendo, quindi hanno iniziato ad allontanarsi e io ne soffrivo.

Mi ha aiutato molto partecipare ai gruppi delle mamme teen al cav, dove ho conosciuto altre ragazze giovani come me che stavano vivendo l’esperienza della maternità e ogni volta non vedevo l’ora di confrontarmi con loro perché ero piena di dubbi e domande. Lì mi sentivo rassicurata e aiutata.

C’è un esame medico che calcola il rischio di malattie dei cromosomi. Io l’ho fatto.

La dottoressa è andata al computer, mi ha detto che era una femmina, poi ha fatto il calcolo e ha iniziato a parlare dicendo:  “mi dispiace, ho controllato molte volte.”

Ci sono tre fasce di probabilità che il bimbo abbia dei problemi: Io ero posizionata su intermedia, ma essendo molto giovane non era un risultato buono.

Così ho fissato un appuntamento qualche giorno dopo con una dottoressa che mi avevano detto fosse brava, nel frattempo era tornato Rayan dal Marocco ed è venuto con me, c’era anche mia madre.

Mi sono fidata di quella nuova dottoressa scrupolosa. Secondo lei c’era stato un errore rispetto al calcolo dell’ostetrica e io mi sono appigliata con tutta la forza a questa speranza.

Da quel momento, Rayan è stato presente, ha sistemato un bel po’ di cose nella sua vita e mi è stato vicino, con decisione.

Mia madre invece, pur accettando l’arrivo della mia bambina, a casa stava poco, era spesso a casa del suo compagno e quando ci vedevamo non andavamo d’accordo, perché lei continuava a non fidarsi di Rayan e a pensare che non fosse il ragazzo giusto per me.

Il 9 marzo ho compiuto 18 anni e i miei amici mi hanno organizzato una festa a sorpresa insieme a Rayan, quello è stato un giorno che non scorderò mai perché avevo davvero bisogno di sentirmi amata e loro ci sono riusciti.

Il 10 marzo ho montato la culla della mia bambina, che era la mia di quando ero piccola.

Due giorni dopo, l’11 Marzo, con un parto bellissimo  finalmente è nata Amelie! Dopo 9 mesi molto sofferti ho potuto abbracciare mia figlia e mi ha ripagato di tutto. C’era mia madre e c’era Rayan, entrambi innamorati di noi e c’erano le amiche del cav con tutto il loro sostegno e affetto.

Ora Amelie ha un mese e mezzo e mi sembra ieri quando ho scoperto di essere incinta. Mia madre è ancora innamorata persa di lei, Rayan si sta impegnando per essere un bravo papà e un bravo compagno, e sua madre?… lei ha mantenuto la parola, per lei è come se quel giorno io fossi andata a fare la puntura e quindi Amelie non esiste, non ha mai voluto vederla.

E io rifarei tutto da capo ogni giorno per lei perché non c’è prezzo all’emozione che mi dà ogni giorno, quando mi guarda e mi sorride.

Amelie è la cosa più bella che mi potesse capitare e anche se ancora pochi dei miei sogni si sono realizzati, non importa, perché per una mamma il sogno più grande e più bello è il suo bambino e tutto il resto, pur rimanendo nel mio cuore e nella mia mente, si può rimandare di qualche giorno!

Spero di non scoraggiarmi mai, di farmi forza per lei perché voglio che sia felice. Amelie è parte di me e se oggi non fosse qua non sarei completa, non sarei l’Emma che sono.